di Riccardo Adami
Ma che lavoro fa David Kaiser?
Almeno tre: storico della scienza, fisico teorico e fisico sperimentale.
Ho scoperto Kaiser come storico, attraverso il trattato “How the hippies saved physics”, disponibile anche in italiano per Castelvecchi. Nonostante il titolo fricchettone, che in realtà è un calco del titolo del saggio storico “How the Irish saved civilization”, è un testo serissimo, dove un capitolo ignorato della storia della meccanica quantistica serve per introdurre il problema della demarcazione tra scienza e pseudoscienza, e quindi il significato della scienza stessa.
Il cuore del trattato è il Teorema di Bell, con la nota disuguaglianza che è violata dalla meccanica quantistica… e dalla natura. Sull’interpretazione che Kaiser ne dà avrei qualche perplessità, ma vabbè.
Tra le digressioni aneddotiche, notevole quella sulla storia della stesura del best-seller “The Tao of Physics”, di Fritjof Capra. Il più famoso dei testi spiritualisti fu infatti concepito in un’ottica materialista: fare soldi.
Capisco perfettamente il tuo bisogno di copertura finanziaria, ma suppongo anche che ti sia ben chiaro che un libro del genere è destinato a vendere ben poco, per via del tema trattato. Nella migliore delle ipotesi puoi aspettarti mille dollari dal primo anno di vendite, e meno a seguire.
Lettera di Victor Weisskopf, del MIT, a Capra, che gli aveva sottoposto il progetto.
Una previsione pessimistica: dalla sua pubblicazione nel 1975, il Tao è stato tradotto in quasi 30 lingue e ha venduto più di un milione e mezzo di copie.
La tesi di Kaiser è che la controcultura hippy, che tenne vivo in modo carsico l’interesse sulla ricerca fondamentale, sull’interpretazione di Bohm e sul Teorema di Bell, è alla base di quella che oggi viene chiamata “seconda rivoluzione quantistica”, che culmina con il computer quantistico e la crittografia.