La matematica è un linguaggio (?)

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di Riccardo Adami


Non ho mai capito cosa questa frase volesse dire: va intesa in senso positivo (“la matematica non è solo calcolo e tecnica, ma è molto di più e di più umano”) o negativo (“la matematica non è niente di speciale, solo un linguaggio come un altro”)? E a dirla tutta, non ho capito nemmeno cosa si intenda precisamente con “linguaggio”.

Ricordo un collega arrabbiarsi durante un consiglio di dipartimento: “la matematica non è un linguaggio! È un corpus di conoscenze!” (C’era un tempo in cui nei consigli di dipartimento non si discuteva solo di overhead, altro concetto che comunque non ho ancora afferrato).

Da anni avevo archiviato la domanda nel cassetto delle antinomie, quando sono incappato in un libro gradevolissimo e stimolante, A spasso con il cane Luna, del neuroscienziato Giorgio Vallortigara. È una raccolta di brevi lezioni, idee, intuizioni. Una di queste storie ha per titolo Il cervello dei matematici, e, sai com’è, sono andato a leggerla.

Vallortigara riferisce di una ricerca condotta da due psicologici cognitivi, Marie Amalric e Stanislas Dehaene, che hanno preso quindici docenti universitari di matematica e altrettanti di materie umanistiche e hanno proposto loro domande matematiche e non matematiche.

Ora, la risonanza magnetica ha rivelato che nei matematici, e solo nei matematici, gli enunciati a carattere matematico attivavano zone del cervello distinte da quelle linguistiche. Riporto la conclusione di Vallortigara, anche per la qualità della scrittura:

Insomma, matematica e linguaggio sembrano costituire repubbliche ampiamente indipendenti. La possibilità e l’eventuale estensione dei loro commerci, se questi hanno luogo -per esempio attraverso una connettività funzionale tra le aree del linguaggio e quelle dalla numerosità- rimangono da chiarire.